hdrimg-Top_Home_CHEF_2013Complice un soggiorno a Roma mi è capitato di partecipare al “A Taste of Roma”, all’Auditorium dal 26 al 29 settembre, un “restaurant festival”, come lo hanno chiamato gli organizzatori, in cui 10 fra i top chef romani preparavano un menu di assaggi in una cornice di stand di varie aziende operanti nell’enogastronomia.

La sovrabbondanza di termini english per descrivere l’evento e i suoi contenuti è come al solito indice di quanto sia di moda oggi l’universo food. Lo stesso restaurant festival è in effetti un format che viene riproposto nelle capitali del mondo globalizzato, NY, Dubai, Londra.

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Oltre a questi happening “cool”, ci sono altre differenti esperienze che possono essere ricondotte allo stesso “contenitore” del food, diversi livelli dello stesso gioco. Da una parte ci sono i blog, che fanno migliaia di contatti al giorno, dall’altra Eataly e il business del recupero delle “eccellenze” alimentari, e ancora i corsi per diventare sommeliers di qualsiasi cosa (anche dell’acqua) oppure il marketing dietro la moda del momento, sia esso la farina kamut o il the verde. In più, se guardiamo al fenomeno qui in Italia, c’è anche da considerare il fattore di forte identificazione nazionale, forse l’unico “marchio di italianità” facilmente esportabile al giorno d’oggi. Più di una 500 comunque, malgrado Marchionne.

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Pare che la “maledizione del postmoderno” – tutto è già stato fatto e creato in cucina – si accanisca particolarmente contro l’eroe dei nostri giorni, il top chef. Il nostro deve necessariamente fare qualcosa di nuovo per distinguersi dal semplice cuoco “operaio” che rifà i piatti della tradizione. Il nuovo può essere appunto il mix di ingredienti improbabili, che è il livello basic della novità: questa sostanzialmente la proposta del ristorante Convivio Troiani con il suo “Rigatoni con ragù bianco di pannocchie, pecorino romano biologico, croccante di ‘quasi pesto pantesco’ e Habanero Chocolate”. (In proposito, devo segnalare: la lentezza incredibile del servizio, l’inutile coacervo di ingredienti non armonici tra di loro, la fattura della pasta industriale e non artigianale e… la pasta assolutamente cruda). Oppure la creatività formale di Roy Caceres, chef di Metamorfosi, che ha regalato l’idea più “dadaista” – come alcuni la definiscono: un risotto “impacchettato” in un foglio di zafferano. “Ricordo di uovo allo zabaione, granita di orzata e crumble al caffè” di Francesco Apreda, ristorante Imago Hassler, come la madelaine proustiana gioca sulla “rimembranza” della cucina semplice del passato, quando un uovo era un pasto a sé, presentando oggi una meringa vuota fatta a forma d’uovo con all’interno albume montato e crema di zabaione su un letto di granita d’orzata e crema di caffè

.… continua …

Nicole Pilotto

… for malacopia