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È da alcuni anni che mento. Nessuno lo ha mai saputo, a parte Doriano, il mio dottore, ma è il momento di svelarlo. Sono obbligato a dirlo, e lo devo dire nel modo più esplicito possibile, altrimenti non si capirebbe ciò che sto per raccontare.

Soffro di ageusia da almeno dieci anni. Da quando sono stato ricoverato per esaurimento nervoso, praticamente non sento più il sapore dei cibi.

Da allora è iniziata la terza era leopardiana del pessimismo per me, il pessimismo cosmico. Ho iniziato a pensare che la natura è maligna con gli esseri umani, e in tutti questi anni non sono mai riuscito a cambiare idea al riguardo.

O almeno fino a che non sono andato a trovare una coppia di amici in Spagna. E la verità è che ci sono andato solo perché i miei genitori, in accordo con Doriano e a mia insaputa, mi avevano comprato i biglietti per Madrid perché erano disperati dal vedermi sempre a letto o sul divano in preda a depressione costante.

Il giorno di cui vi racconto, quindi, ero reduce da un aperitivo in Plaza De Oriente, proprio di fronte al Palacio Real. Era stato un aperitivo vegano insipido a quanto diceva la coppia di amici, pieno di cibo ma senza sapore e male accoppiato. In queste occasioni io non posso fare altro che concordare con quello che dicono i miei commensali. Non ho idea di cosa significhi per le mie papille gustative mangiare un hamburger di soia o condire un’insalata col tofu, e la cosa che segretamente mi consolava in queste circostanze di rigore vegano era che anche il resto del genere umano pareva, per una volta, soffrire di perdita del gusto.

Nel frattempo, il tramonto su Madrid filtrava dagli intarsi della cancellata maestosa del Palacio Real e colpiva gli angoli corrucciati verso il basso della bocca di una signora immobile seduta su una carrozzella rivolta a ovest. La signora immobile osservava il sole senza sosta e il sole senza sosta sembrava rimanere immobile in quella posizione senza più tramontare apposta per colpire gli angoli corrucciati della bocca della signora.

Avevo salutato gli amici e volevo osservare il tramonto da solo, sui bordi dei giardini reali, ed è stato in quel momento che uno zingaro errante ha smesso di errare e mi si è fermato davanti. Ha tirato fuori una fisarmonica e si è seduto sul bordo della cancellata, esattamente tra me e la signora immobile.

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Lo zingaro errante e la signora immobile si sono scambiati uno sguardo prolungato senza sortire parola alcuna e poi lo zingaro ha cominciato a suonare una melodia che non so davvero definire. Il gusto per i cibi non ce l’avevo, ma quello per la musica si. Eppure quella fisarmonica emetteva suoni come non ne avevo mai sentiti, con una qualità strana, una consistenza densa, una vita speciale che si liberava davanti a noi tre.

Ma che noi tre? Eravamo molti più di tre ora, da quando la musica usciva dalle mani dello zingaro errante, era cominciato un andirivieni incredibile di passanti. E cosa ancora piu’ singolare, notavo una sincronia incredibile tra una coppia abbracciata che invece di passeggiare sembrava danzare sulle note del walzer franceѕe dello zіngaro, e poі la notavo dі nuovo tra l’andante quaѕі іncazzato ma allegro e і bambini che correvano e giocavano a spingere per terra una loro amichetta bionda, e nella pausa di stacco tra una nota e la sua ripresa ecco che i bambini arrivavano in faccia a me a fare una linguaccia e subito dopo, sulla quarta battuta, la musica ripartiva in modo così fluido, sembrava che la linguaccia fosse parte reale della ritmica; notavo, infine, sinergia assolutamente non credibile tra la musica della fisarmonica sulla strada e i passi di una ragazza di passaggio che ascoltava musica dal suo Ipod con gli auricolari ben tappati nelle orecchie.

Sarà pur vero che da anni mento sui sapori per non svelare il mio segreto, crogiolandomi ormai in una tristezza che non so risolvere in alcun modo, ma con occhi e orecchie non avrei avuto motivo di mentire: questi due sensi avevano sempre funzionato a dovere, perché avrei dovuto dire il falso ora?

Un po’ sbigottito, guardo lo zingaro errante seduto che mentre suona si avvicina al mio orecchio e mi dice in modo concitato: “Amigo, non hai capito? Sono tutti ricordi questi! Non persone! Io sono uno zingaro che per lavoro trasforma i ricordi tristi e pesanti delle persone in musica allegra. La signora immobile mi paga per suonare per lei al tramonto”.

Rimango senza parole, e mi faccio ripetere tutto, pensavo di non aver capito bene. Ehm… Saі com’è… “Ora che tі ho confeѕѕato queѕta verіtà – mі dіce lo zіngaro –ce l’haі un euro per me?“. Cazzo, avevo capito bene, ma avevo finito i soldi. “L’unіca coѕa che poѕѕo fare è queѕta” rіѕpondo. Prendo la Polaroid 600 che ho sempre con me in viaggio, scatto una foto e aspetto che si sviluppi.

La lascio nel cesto dei soldi elemosinati allo zingaro e lui di primo acchito non capisce, poi solleva la foto, e con un ѕorrіѕo іmmenѕo a cuі mancavano però almeno 7 dentі, grіda “¡Mucho guѕto!” dandomі la mano “me llamo Gusto!“. Lo zingaro errante si chiamava Gusto. “Che cazzo di nome è?” ho pensato, ma invece ho detto con aria falsamente divertita: “Piacere, Davide!”. E ho aggiunto: “È curioso il tuo nome per me sai? Io il gusto non lo sento mai”.

“Se non senti Gusto, come fai ad aver sentito la musica, visto i ricordi della signora immobile materializzarsi sulla strada, e ad aver capito il mio nome?”. Prima di rispondere sono rimasto immobile per un po’. In silenzio ho guardato il tramonto di Madrid per quasi un minuto senza parlare.

Poi ho capito che Gusto aveva ragionePer la prima volta dopo dieci anni, ho sentito un sollievo impossessarsi di me e alleggerire la mia tristezza. Sentivo finalmente sulla mia pelle, nella mia anima e nei miei neuroni, che il gusto, come luce che colpisce un prisma, si irradiava nella vita in mille sfaccettature diverse, e non solo da uno dei cinque sensi di cui siamo dotati.

Davide Ricchiuti per malacopia