Malacopia_una_mostra_impossibileA Walter Benjamin, che all’apparire di nuove tecniche di produzione, a inizio Novecento, espresse la sua esitazione sulla riproducibilità dell’arte, forse non sarebbe piaciuta “Una Mostra Impossibile”, dal 3 dicembre al Complesso di San Domenico Maggiore di Napoli (se pure non volete vedere la mostra un giro fatecelo lo stesso, perché è un incanto) e prorogata fino a fine maggio.

Invece dovete vedere anche l’esposizione se sentite il bisogno, come me e molti altri, di ritrovarvi davanti, in un solo luogo, tutta la produzione (in scala 1:1 e ad altissima risoluzione) di Raffaello, Leonardo e (tuffo al cuore) Caravaggio. Già, perché la mostra impossibile riproduce in digitale e a grandezza naturale l’opera omnia di questi tre giganti dell’arte, centodiciassette dipinti, affreschi inclusi. Roba normalmente intrasportabile o difficilmente visitabile (come L’ultima cena, ospitata a Milano a Santa Maria delle Grazie, solo su prenotazione) o ancora, addirittura, impossibile da incontrare, perché parte di una collezione privata. Senza inganno: se entri sai che non ci sono originali, l’originale sta nell’aver riprodotto e messo tutto insieme.

Malacopia_una_mostra_impossibile1Persino una come me che perde manciate di minuti a guardare il segno delle pennellate sulla tela (motivo per cui amo Giovanni Boldini e, ovviamente, Van Gogh) l’operazione “una mostra impossibile” vale comunque. Anche se con un fine più didattico che espositivo, la selezione ti trasporta nel mondo fatato della pittura e ti fa scorgere evoluzioni, passi indietro e, soprattutto la capacità dell’arte di viaggiare. Leggendo la collocazione originale delle opere (cosa che non posso fare a meno di guardare, lo ammetto, sognando di visitare il Kunsthistorisches Museum di Vienna o il Cleveland Museum of Art, nell’Ohio, dove temo non andrò mai) non puoi non pensare che ciò che è fuoriuscito dalle mani di uomini come te (che probabilmente sei un povero fesso, ma è un tu generico) ha oltrepassato ogni confine e ancora resiste, attraendo una significativa parte di noi.

E poiché Benjamin non ha mai condannato senza appello la tecnologia e riconosceva nell’originalità e nell’unicità l’aura dell’opera d’arte (e originale e unica, la mostra impossibile, lo è), in qualche modo forse, in privato, avrebbe ammesso che è un esperimento riuscito.

Chiara Di Martino per malacopia

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