Malacopia_racconti_di_primaveraBuongiorno, scusate se m’intrufolo, ma ho una breve storia da raccontare. Mi presento: sono un aspiracacche. 

La mia specialità sono le cacche dei cani, che combatto vestito di bianco e azzurro, in sella a un motorino, con un casco in testa, armato di un lungo aspiratore. 

Come un crociato parto all’alba a cavallo, con elmo e spada, per condurre una lotta quotidiana alla merda nella bella piazza Santo Stefano a Bologna, dove un selciato di sassi incornicia Sette Chiese, dette La Gerusalemme, un Santo Sepolcro in formato ridotto, da secoli meta di pellegrini troppo poveri per andare in Terra Santa. 

In mezzo a tale selciato la cacca s’intrufola con diabolica ostinazione, ma io la scovo e la estirpo fino all’ultimo sbaffo. Non mi lamento di quanto trovo, so che i padroni di cani sono impreparati allo spiaccichio e che il male è spesso inconsapevole. Per questo ci sono io, per rimettere le cose a posto. È il mio mestiere e mi ha insegnato a conoscere gli uomini da quello che trascurano. Grazie a questo ho scoperto una ragazza, una biondina che dormiva sotto il portico di fronte alla Chiesa, accanto al suo cane lupo; ho visto la sua purezza di fanciulla, attenta a far brillare ogni cosa, anche l’anima. 

Qui comincia la mia storia. 

È febbraio, sono le 6 del mattino, è buio, il cielo è terso, l’aria pungente come mille spilli. La biondina è in piedi al centro della piazza, mentre il suo lupo, accovacciato, molla uno stronzo gigantesco. Io accorro per salvare la bella, ma lei mi ferma: “Cavaliere non c’è fretta, serviti del gelo e lasciagli fare un po’ di lavoro per te”. Sono frastornato, lei mi vede e si preoccupa per me! Voglio piangere e ridere e urlare che l’amo e che la porterò via, sul mio motorino alato, verso un letto soffice e caldo. Invece il panico mi paralizza, abbasso gli occhi e resto col mio inutile aspiratore in mano. Allora la biondina si mette sulla punta dei suoi piccoli piedi e mi dà un lungo, dolcissimo bacio. In un istante volo nello spazio, danzo fra i pianeti, rotolo fra le galassie e scopro quanta vita c’è nell’universo. Quando torno non vedo più la cacca, le pietre luccicano come diamanti e la mia ragazza dorme sul suo giaciglio, vestita di un sorriso. Il mattino dopo sono pronto per sposarla, invece lei non c’è più. Al suo posto trovo un dolore senza fondo, precipito, mi spengo, muoio. 

Il tempo si ferma; arriva la primavera, ma nulla fa battere il mio cuore. Per tutti, soprattutto per me, sono solo un aspiracacche, non un uomo, un involucro vuoto, per escrementi altrui. È già maggio, il sole sorge alle 6 e la sua prima lama di luce cade proprio lì, al centro della piazza, dove un tempo fui vivo. Mi avvicino brandendo l’aspiratore come una lancia, per tagliare la vecchia ferita in cancrena. Sono pronto a sferrare il colpo, quando, fra i sassi, vedo qualcosa: dei piccolissimi fiori appena nati, bianchi e azzurri. In quel momento rinasco e, credo, non morirò più. 

Tutto qui: la vita è piena di cacca e spesso fa male, eppure fiorisce se l’amore ti dice “non ti scordar di me”. Parola della mia ragazza.

Maria Teresa Scorzoni