Si moro io, mori pure te…

La vertigine del drago, di Alessandra Mortelliti, con Alessandra Mortinelli e Michele Riondino, debutto alla regia di Michele Riondino, al Teatro Ambra Garbatella fino al 2 marzo.

mortellitti_riondinoCi sono diversi percorsi artistici che si inter/secano e si inter/scambiano nella realizzazione dello spettacolo La vertigine del drago, l’autrice è Alessandra Mortelliti, nipote di Andrea Camilleri, e che supervisiona il testo, e figlia di Rocco Mortelliti, autore del riuscitissimo film La Scomparsa di Patò, tratto da un racconto sempre di Andrea Camilleri e di cui Alessandra è ottima e sensibile interprete. Michele Riondino, che invece è stato dal 2012 protagonista della serie televisiva Il giovane Montalbano, è qui in veste anche di regista del curioso ma interessante spettacolo.

Dopo il debutto alla 55a edizione del Festival dei due mondi di Spoleto, La vertigine del drago è in scena al Teatro Ambra alla Garbatella e racconta dell’incontro/scontro fra due realtà apparentemente diverse: Francesco, un balordo, coatto ed eroinomane neonazista e Mariana, una zingara de merda, storpia, disubbidiente, amante dell’amore romantico e pure epilettica.

10000242_743323882369280_316393846_nCatapultati dopo un inizio rutilante, onirico e rivelatore, in un contenitore sbilenco e prospetticamente sfalsato di un grigio anonimo, con un unico ingresso sul fondo di una saracinesca color sangue, quel sangue vivo che fuoriesce a fiotti dalla ferita causata dal proiettile che il ragazzo si porta dentro, per lo scontro col marito della ragazza rom, si viene investiti da un vomito di parole e di attacchi di intolleranza razziale, dovuti più che altro al disadattamento che ad una convinzione vera e propria, con una interlocutrice dall’altra parte cauta e silente.

Via via che il racconto si dipana, scopriamo essere due realtà assolutamente speculari se non simili e necessarie una all’altra per la propria sopravvivenza. La scoperta di essere stati abbandonati dai loro mondi, l’ordine dei naziskin e il villaggio rom, a cui sentono di appartenere, fa riscoprire ad entrambi un nuovo modo di stare insieme. La ragazza ribelle che, sposata ad un marito troppo vecchio, dal momento che a causa di una leggera zoppia, provocata da una caduta da un muro, nessuno dei suoi coetanei l’ha voluta in moglie, spezzato il suo sogno di diventare ballerina, desidera diventare medico guardando la serie televisiva Dottor House e leggendo guide mediche. Sarà lei stessa a salvare Francesco, grazie ad un intervento casalingo con quale estrae il proiettile dallo stomaco del ragazzo. E sarà lei a notare i due spazzolini nel bagno di quel luogo imprecisato, ma è solo l’ultimo colpo di teatro che ci rivelerà la storia e il disagio dietro quell’apparente aggressività e ignoranza di Francesco. Una compagna e una figlia, che evidentemente non ci sono più, hanno lasciato il campo poiché stanche di aver a che fare con una indigente che fa fatica a risollevarsi.

10000308_743324322369236_1999816997_nLa drammaturgia di Alessandra Mortelliti si avvicina decisamente a certe atmosfere care a Walter Siti, che così bene ha raccolto e raccontato, nel suo romanzo Il contagio, di periferie romane che purtroppo restano nel loro degrado e che sono abbandonate dalle istituzioni e nelle quali molto spesso vivono persone conniventi. Si tratta di un’indagine sociale quindi ma anche buon uso della materia drammaturgica che, pur non volendo, diventa a tratti comica e surreale. Alessandra Mortelliti disegna interpretativamente la sua Mariana con delicatezza e fermezza allo stesso modo, con occhi profondi e neri, puntati sul vuoto, che esprimono tutta la sapienza di un mondo, a noi sconosciuto o liquidato con giudizi affrettati, di cui si fa attenta osservatrice

Michele Riondino con uno slang romanesco e sguardo allucinato, ricurvo per la sofferenza recata dal proiettile, regala una tenerezza sconfinata al suo personaggio. La sua regia procede di pari passo con la drammaturgia, con un buon uso delle luci (a firma Luigi Biondi) e del montaggio musicale, che riesce a raccontare anche laddove il testo non dice. Di effetto il finale in cui da una scatolina di latta fuoriesce la sola luce che illumina il volto dell’attore, lasciando pensare che il personaggio, probabilmente, consumerà la sua ultima dose di eroina.

Mario Di Calo… per malacopia

riondinoLa vertigine del drago di Alessandra Mortelliti, regia Michele Riondino
con Michele Riondino e Alessandra Mortelliti
supervisione al testo Andrea Camilleri
scenografia Biagio Fersini, disegno luci Luigi Biondi
produzione Artisti Riuniti in associazione con PALOMAR in collaborazione con 15 Lune Produzion