Quando si pensa a Ludovico Einaudi non si può fare a meno di associare la sua immagine a quella del pianoforte. Poi capita di scoprire, prendendo parte ad un suo concerto, che la sua musica va oltre l’unico strumento di cui è sapiente maestro e si apre ad un pentagramma musicale variegato che unisce violini, viole, violoncelli, percussioni e live electronics.

In a Time Lapse. Questo il nome del tour mondiale (e del suo ultimo album) con cui Einaudi va a zonzo per il globo (da non dimenticare il sold out della prossima tappa londinese al Barbican Center) e ospitato martedì 5 febbraio, per la prima volta a Bologna, al Teatro Duse.

Il pianista torinese domina la scena accompagnato da un ensemble di undici mirabili musicisti. Un lavoro musicale che può paragonarsi ad un viaggio. Una costruzione stratificata, dove l’edificio si compone pezzo dopo pezzo. Tutto è preciso, definito, edificato.

Come nei precedenti lavori del compositore, l’album, da cui prende le mosse il concerto, si sviluppa come una suite, con un’idea che rimanda alla forma di un romanzo diviso in vari capitoli. Ogni brano ha la sua identità singola ma fa parte di un insieme, come un albero genealogico, in cui ogni ramo ha una relazione ben precisa con il tronco.

Epico e avventuroso, il concerto riproduce ed esalta le striature di musica barocca miste a venature di pizzica salentina, già presenti nell’album. Una tessitura musical/coloristica che conduce l’ascoltatore ad una inevitabile riflessione intorno all’idea del tempo. Quando si diventa coscienti che il proprio tempo ha un limite, è quello il momento in cui si cerca di riempire quello spazio vuoto con tutta la propria energia. Per dirla con le parole di Einaudi, “ricominci a vivere ogni istante della tua vita in modo pieno come quando eri bambino”.

La seconda parte della performance ha riproposto il repertorio più noto, e, forse solo per questo motivo, è risultata al pubblico più incisiva e coinvolgente.

Si aggiungano mirabili i giochi di luce, richiami a Fuochi Fatui di Klimtiana memoria o alle istallazioni immersive di Yayoi Kusama. Un passaggio di paesaggio dal reale al surreale.

Marco Palumbo

…for  malacopia