FRANCESCA PETREI CASTELLI VERRIGNI

[Imprenditrice – Pescara]

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Quando soffia il vento del cambiamento, alcune persone costruiscono muri; altre, dei mulini a vento.

Proverbio cinese

Dettagli verde acido a contrasto con un grande anello di ebano su cui è incisa una spirale dorata: Francesca è l’abbinamento che non ti aspetti. “Mi piace il verde perché sono nata pessimista e l’ottimismo è stata una conquista ottenuta sul campo” inizia cosi a raccontarmi il passato di una donna che, nonostante le facili premesse, si è presa la briga caparbia, e per certi versi immotivata, di non voler essere scontata.

La sua è la storia di una dinastia di figlie uniche e la genetica, nei tratti familiari intimi e portanti, è sempre una scienza esatta: mentre la nonna paterna già difende coraggiosamente il proprio amore, una donna capace di parlare quattro lingue- che sarà poi la nonna materna- ritiene di doversi unire in matrimonio solo a quarant’anni, in una società che non le avrebbe perdonato persino molto meno. Con il tono di una donna estremamente consapevole mi trafigge “A mia figlia, anni fa, ho deciso di mettere anche il mio cognome, perché mettere solo il cognome paterno sarebbe stato- ed è- ingiusto.” La figlia, Eugenia, è il punto di arrivo di questa ricchezza affettiva che si respira tutt’attorno: non a caso, quando a chiamarla è la voce del cuore, risponde al nome di Sandra, in memoria di Alessandra, la mamma di Francesca, la cui forza delicata si rinsalda quando mi dice “Mia madre è l’unica persona della mia vita a cui mi sono potuta appoggiare senza che lei si appoggiasse su di me”.

Tout se tient, dunque, in una donna che ha saputo trovare il proprio equilibrio anche su centimetri e centimetri di tacco, e forse non “a dispetto di” questi ma anche “grazie a”; in una femminilità mai negata, ma mai imposta, Francesca abbraccia, soprattutto, la comodità di poter essere sempre adeguatamente autentica: lo stiletto, ne conveniamo, richiede impegno e sacrificio, che sono comunque testimoniati da un’ampia raccolta nell’armadio, perché non si dica che fuggiamo di fronte al nemico.

Il gusto sofisticato di visitare spesso New York perchè “lì c’è un’indifferenza fertile, che ti lascia libera di essere senza pretendere”, la morbida consapevolezza che le fa dire che il Quadri di Venezia è il posto più bello del mondo non si scontrano mai con il nomos della terra da cui Francesca proviene e di cui ne ribadisce, orgogliosa, le radici: “Per chi viene dall’agricoltura tutto il resto non è mai altrettanto genuino; per me la parola e una stretta di mano sono ancora dei valori imprenscindibili.” Partendo da questo universo di riferimento, Francesca rivoluziona, negli anni, l’ azienda di famiglia, il Pastificio Verrigni. Una buona storia che riesce a diventare eccellente grazie alla felice intuizione di trafilare, oltre che in bronzo, anche in oro– unica azienda al mondo a farlo. Nasce così “Sua Pastità”, dove il grano si fa luce e la perfetta rotondità di uno spaghetto non può che dirsi maestosa.

Oltre al senso della terra, le è caro il concetto di tempo: quello significante, quello liberato e quello condiviso. Il primo è rappresentato dal lavoro come controcanto di  una consapevole gratitudine, gemma incastonata nella propria corona: “Pur avendo avuto molto dalla vita mi sono sempre voluta guadagnare il rispetto degli altri attraverso il lavoro. Non a caso, vengo da un padre che voleva un figlio maschio: niente alibi, niente compiacimenti comodi, in nessun caso.” E al padre è in qualche modo dedicato quello “Spaghetto al Volo” che la stessa Francesca traduce efficacemente in tre parole: qualità in velocità. Adattare i tempi, contrarli in base alle proprie esigenze rispettando un tempo primigenio insito nell’eccellenza delle materie prime: poche cose vengono meglio in soli tre minuti.

Il tempo liberato è invece quello guadagnato: la giusta ricompensa per il lavoro che segue costantemente in prima persona è sapere quando e come staccare, affinché l’impegno si rinnovi come libera scelta. Tra una passeggiata in riva al mare e un weekend a Londra, Francesca crea il proprio tempo condiviso: poter scegliere con chi passarlo è un raro privilegio che si affina particolarmente in una donna capace di profonda ospitalità; d’altronde, mi confessa, “mia madre mi ha insegnato a festeggiare ogni ricorrenza, aprendo la casa e curando tutto nei minimi dettagli e io, nel tempo, ho imparato a selezionare perché tutto nella mia vita, sia professionale che privata, ruota attorno al cuore: chi scelgo di avere affianco è sempre legato a me e io indosso spesso i cuori perché, fondamentalmente, mi sento una donna di cuore”.

Quello che, dopo qualche ora di conversazione, mi rimane, tuttavia, non è la sua energica personalità , ma ciò che si intravede sullo sfondo: il perdonare e il sapersi perdonare che diventano voce narrante della sua vita, vissuta in prima persona ma che viene percepita, almeno da me, sempre come opera corale. Un elenco di nomi, di relazioni, di date che mi scandisce a ogni risposta, perché lei ha saputo essere nella misura in cui ha saputo dare e ricevere dagli altri.

Francesca potrebbe essere l’imprenditrice che si relaziona all’uomo di marketing per l’immagine dei propri prodotti, ma di fatto è la donna che crede fermamente che “Il Pastaio Folle”- tema scolastico della figlia stampato sul retro di alcune sue confezioni- sia il modo migliore per comunicare il proprio regno. A volte, essere regine, significa rendere indicativa la promessa effimera di un condizionale.

 Martina Del Castello per malacopia

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Illustrazione di Florian Contegreco