Storia breve dell’igiene dimenticata (prima parte)

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È terminato ormai il tempo delle grandi epidemie. Pubblicità di ogni tipo sponsorizza profumi, bagnoschiuma, deodoranti, saponi ma basta un viaggio, anche breve, su di un bus della frequentatissima linea 27 per capire che qualcosa non sta funzionando. Storcendo il naso, ti chiedi cosa ne è stato dell’acqua corrente, per quanto nei secoli il rapporto degli esseri umani con l’igiene sia sempre stato piuttosto tribolato.

Gli antichi romani, ai tempi d’oro dell’impero, non si facevano mancare bagni pubblici e terme, nei quali passavano una parte della giornata sguazzando pigramente tra tepidarium e frigidarium. Alle terme ci facevano praticamente di tutto: puliti e felici, mangiavano, bevevano, chiacchieravano, scrivevano, facevano sesso e politica (beh sì, già allora!), ordivano complotti e tanto altro!

Già nel medioevo la situazione era cambiata. Lavarsi e ripulirsi costava troppo ed era diventato un lusso da ricchi. A partire dal rinascimento le cose peggiorarono drasticamente. Al mutamento dei costumi contribuì di certo il diffondersi di terribili contagi: peste, colera e da ultimo anche la sifilide, “importata” in Italia dai Borboni e da allora ovunque conosciuta come “mal francese” (tranne in Francia dove, come per dispetto, si chiama mal napolitain!).

Fontana-della-giovinezza-Castello-della-Manta-CuneoLa Chiesa fece la sua parte: ignara di virus e bacilli, puntò decisa il dito contro la promiscuità sessuale e ordinò la chiusura di bagni pubblici e bordelli (le due cose, in fondo, coincidevano fin dai tempi dei romani!), credendo di salvare così in un colpo solo ordine morale, sociale e igienico.

Cominciarono a girare le teorie più bislacche contro l’acqua e il lavarsi: non solo si credeva che l’acqua calda, dilatando i pori della pelle, facilitasse l’assorbimento delle malattie ma si temevano addirittura le cosiddette “gravidanze da bagno”. Le donne erano angosciate dal fatto che, durante il bagno, potessero essere fecondate da spermatozoi avventurosi e idrorepellenti, vaganti nell’acqua calda, modello sub con maschera e fucile.

Nacque così un vero e proprio terrore dell’acqua, cui si reagì inventando nuove tecniche di igiene personale “asciutte”. Mentre le classi sociali più basse, per problemi contingenti, abbandonarono, in pratica, ogni tipo di pulizia, i nobili tra sei e settecento si concentrarono sulle parti più visibili del corpo: viso, mani e capelli, dimenticando, dal punto di vista olfattivo, tutto il resto.

D’altra parte si mormorava che l’acqua, se non miscelata a vino o aceto, danneggiasse la vista, causasse il mal di denti, rendesse la pelle troppo chiara. Meglio frizionarsi rapidamente il corpo con un panno profumato.

E per i capelli? E vai di cipria!

(…continua…)

Rossana Conte

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