NIGHTPHONE 6: IL RISVEGLIO.

Nonostante il blitz del blocco studentesco – che ha lanciato uova e farina contro i clienti in fila e distribuito volantini – a Roma in pole position c’è Ginevra, che si definisce “pazza per l’iPhone”, in fila da 24 ore davanti all’Apple Store di Porta di Roma. (da repubblica.it)

Ma la notizia copIl mondo che ci circonda è diventato oramai un museo a cielo aperto dove prendono forma oggetti dalle stravaganti movenze non necessariamente creati con una finalità di senso ma spesso e volentieri protagonisti di un festival dell’inutile che, però, contribuisce ad alimentare di sicurezze l’anima complessa dell’uomo del ventunesimo secolo.

Questo prodotto finale dell’evoluzione millenaria di una specie, nonostante sia l’unico sopravvissuto all’azione livellatrice della storia e benché l’innegabile evoluzione delle sue capacità logico-cognitive, che fanno del progresso la loro quotidiana palestra, ancora conserva qualcosa di fortemente ancestrale nell’immancabile desiderio capriccioso di dotarsi di oggetti che rappresentino ed espandino il suo ego smisurato. La scoperta e l’invenzione non devono più creare l’utile e di conseguenza l’indispensabile, ma l’effetto sorpresa, a volte quello schock dei sensi,. E allora l’acquisto diventa l’unico farmaco possibile rispetto alla prospettiva “umiliante” di fare a meno di qualcosa che in realtà tutti hanno e che, non avere, potrebbe causare conseguenze tragiche come esclusione dal gruppo dominante e triste permanenza fuori dalla storia.

Chi si ferma è perduto appare un motto demodé e superato e la nuova logica diventa piuttosto chi non lo compra è sfigato.

Per questa ragione lo shopping compulsivo settimanale, quel momento che in genere ci si ritaglia tra un impegno e l’altro per uno stand by che, nel migliore dei casi, può rivelarsi un vero lifting della mente, altro non diventa che una ricerca del meno noto, di un articolo che ha in sé qualcosa di straordinario e unico e per il quale non ci spaventano né code infinite, né Zeus contrario, con lampi e fulmini, né Saturno contro, né tanto meno il buio e la notte con l’obbligo di sospensione delle attività umane, secondo l’antico costume di alternanza tra negotium e otium tanto caro ai nostri antenati.

E quando ci sono di mezzo l’high tech, una lettera, una parola, un numero allora il gioco è presto fatto. Restare svegli diventa un optional automatico, senza bisogno di un caffé americano doppio o triplo, e la nostra notte da lupi mannari può partire perché il premio è notevole e si chiama I-phone 6, ovvero un dispositivo oltre i confini della macchina, che tutto dà senza chiedere in cambio se non un amorevole gesto chiamato touch.

Allora la sua fama corre per le città, si insinua nelle case di ognuno, diffonde racconti fantastici, genera la curiosità, quel pepe giusto sulla notizia che non può che stimolare l’asseggio, il banchetto rituale dove il genere umano si riunisce per spartirsi il frutto della propria intelligenza… o demenza, a seconda dei punti di vista.

La follia collettiva può partire e la corsa per essere i primi ad avere l’oggetto cult del momento, l’i-phone 6, è già allo stadio avanzato.

Roma, Milano. Nessuna differenza. Siamo in piena notte ma gli stores brulicano di gente ansiosa di ottenere l’oggetto totemico entro l’alba. L’inizio della scuola o della giornata lavorativa è alle porte e ciascuno sogna di accompagnarsi con I-phone 6 come su un red carpet, per avere il suo momento di gloria e godersi i vantaggi del tech-power.

Le fashion victims allucinate quanto assonnate vengono interpellate dagli increduli, quei poveri stolti che ancora provano meraviglia di fronte alla banale decadenza dei costumi dell’umanità sull’orlo di una crisi di identità. Chi dice che è grande 5,5 pollici, chi sostiene riesca a fotografare i satelliti, chi urla che assorbe energia solare, chi – addirittura!- che si trasforma in raggio missile con un circuito di mille valvole, chi perfino che fa toast e pizzette.

Il semplice gesto di telefonare non è nemmeno considerato e forse nemmeno più contemplato, tanto chi se ne importa. Presto comunicheremo con le menti, ma cosa comunicheremo non si sa.

Insomma tra una chiacchiera e l’altra arriva il momento: la star viene presentata, i partecipanti sorseggiano un caffè prima di apprestarsi all’incontro con il divino oggetto. Il primo che lo afferra riceve tanti applausi perché ha ottenuto il beneficio e l’assordante rumore circostante, generato dall’agitazione di esseri simili a Baccanti, evita al fortunato lo schock anafilattico del prezzo proibitivo, la cui consapevolezza sarà tristemente nota solo nei giorni successivi e quando il conto corrente, tinto di rosso, urlerà per il dolore.

Ma, in fondo, che importa. Non importa neppure che il fantomatico I-phone 6 sembra che si pieghi facilmente e la cosa non fosse voluta dagli ideatori. Il passo più lungo della gamba è ormai una consolidata abitudine e, anche se la cinghia nel corso del mese si stringerà, poco conta alla fine della fiera. Si riceverà protezione dal nostro nuovo oggetto totemico che ci conferirà serenità, ricchezza e amore e speranza.

Con la speranza che il modello 7 (che certamente non servirà più per telefonare) sappia anche pagare i conti della spesa e -perché no!- moltiplicare pani e pesci.

Franz Iaria per malacopia